[ Pobierz całość w formacie PDF ]
e allora devi solo fare lo scrivano per telefono, prima che lui si stufi e gli passi la voglia».
«Però scrive i libri», gli ho detto, cercando di allontanare anche solo l'idea. Quelli li scrive lui».
«I libri chiedilo alla Dalatri», ha detto Bedreghin. «Perché io non sono abbastanza intelligente
o bravo. Vado bene per la roba più da sbarco, anche se magari è uno slogan che gli pagano una
fortuna, mignotta di una città di mignotte».
Mi sono appoggiato al muro; erano le tre e mezza di notte e i pensieri mi giravano nella testa
come non mi era mai capitato, mescolati a sensazioni, rallentati da dubbi. Pensavo ai discorsi di
Polidori sulla scrittura, ai consigli che mi aveva dato; alla sua irritazione improvvisa quando gli
avevo detto che andavo a stare da Bedreghin.
Ho chiesto a Bedreghin: «E perchè lo fai?». Cercavo di vedere la bugia nei suoi occhi, la
vanteria distorta da mitomane ubriaco, ma non ci riuscivo: c'era solo rancore ed esasperazione, e
stanchezza.
Bedreghin ha detto: «Cazzo dovrei fare, secondo te? Andare a vendere i pezzi a nome mio?
Quanto credi che me li pagherebbero, ammesso che li vogliano?».
Sembrava sfinito, a questo punto, la sua ondata di furia esaurita in una risacca di
depressione; si è schiantato sul letto, mezzo piegato in avanti, respirava come se fosse sul punto
di vomitare. La cosa strana è che appena lui ha finito di parlare ho rimosso il significato delle sue
parole: l'ho fatto sparire tra i miei pensieri come se non l'avessi mai raccolto. Guardavo Bedreghin
sul letto, e mi sembrava solo un collaboratore frustrato pieno di astio e desideri di rivalsa, com'ero
stato io fino a tre mesi prima. Ero troppo stanco e confuso per formulare giudizi precisi su niente,
però sapevo che non mi sarei offerto di testimoniare per lui se me l'avesse chiesto.
Gli ho detto: «Non te la prendere, Bedreghin».
Mi sono allungato a dargli un colpetto su una spalla; ma non eravamo in rapporti così
amichevoli, e il gesto mi è venuto male perchè lui era seduto più in basso di come mi sembrava.
Bedreghin ha detto: «Eh, si. Parli bene tu che ti va tutto dritto perchè Polidori si è messo in
testa che sei un vero scrittore e gli sembra di rivedere se stesso venticinque anni prima e l'idea gli
piace da morire».
Era possibile che avesse almeno in parte ragione, ma non ero disposto a credergli
comunque; e la sua voce non era più sostenuta da abbastanza energia, il suo sguardo era solo
acquoso.
Gli ho detto: «Cerca di dormire, Bedreghin. Vedrai che domani va meglio»; sono uscito e ho
chiuso la porta.
Nella mia stanza ho preso una poltronaccia e l'ho tirata vicino al letto dove dormiva Maria, mi
sono seduto a guardarla alla luce debole della lampada da tavolo. Dormiva con le coperte tirate fin
sopra la testa: vedevo solo qualche ciocca dei suoi capelli biondo-grano e la sentivo respirare, ed
era abbastanza per comunicarmi un senso acuto di irrealtà raggiunta e catturata. Mi sembrava di
essere lontanissimo dai problemi di Bedreghin: mi sembrava di avere una condensa di
immaginazioni pure, che mi dormiva davanti e si muoveva appena, forse infastidita dalla luce. Mi
sembrava di essere arrivato a una dimensione della vita che avrei continuato solo a sognarmi se
non fosse stato per Polidori; avrei fatto qualsiasi cosa pur di non tornare indietro.
Terza parte
Tecniche di possesso
Maria si è svegliata presto, quando mi sembrava di essere appena riuscito ad addormentarmi
sul bordo estremo del letto: ho percepito in modo vago il suo corpo tiepido che scivolava fuori
dalle lenzuola e da un momento all'altro non c'era più. Poi attraverso la parete ho sentito l'acqua
che scorreva nel bagno, e mi sono costretto ad alzarmi; mi sono vestito come una specie di
sonnambulo, incespicando nella stanza polverosa, tra i fili di luce che filtravano dalle fessure nella
finestra. Quando Maria è rientrata ero seduto mezzo stravolto dietro il tavolo, stavo cercando di
recuperare lucidità. Lei invece sembrava già perfettamente sveglia, i suoi movimenti di nuovo
[ Pobierz całość w formacie PDF ]